Oltre il danno la beffa.

Notizie stampa di questi giorni informano dell’apertura di una inchiesta giudiziaria sull’utilizzo di lavoratori in nero, nella costruzione di un grande impianto fotovoltaico alle pendici del Limbara in territorio di Tempio Pausania.

Impianti che produrranno enormi ricchezze per le aziende proprietarie, di solito multinazionali senza scrupoli ne verso l’ambiente né verso le comunità dove operano, posto che per definizione il loro obiettivo è quello di produrre profitti milionari a loro esclusivo vantaggio, e tantomeno mostrano scrupoli nello sfruttamento dei lavoratori impegnati nella realizzazione degli stessi.

Aziende che avrebbero potuto darsi un’immagine di chi si, cerca profitti, ma lo fa rispettando almeno apparentemente il minimo della dignità dei lavoratori impegnati, al contrario non hanno nessun ritegno nel mostrare esattamente quello che sono: espressione del capitalismo più becero e vorace ammesso che ne esista uno migliore, trattando i lavoratori a livello di quasi schiavitù, e poco importa che siano locali o di un’altra parte del mondo, senza tutele ne sul lavoro ne sulle condizioni di vita.

A queste aziende dovremmo consentire lo sfruttamento del vento e del sole della Sardegna a cui rimarranno le briciole, la trasformazione del paesaggio, lo smaltimento dei rifiuti ed in questo caso che non sarà certo l’unico, il peso anche dal punto di vista etico di essere luogo di sfruttamento selvaggio di lavoratori?

Questo è quanto succede quando non si ha il controllo, l’autonomia e la volontà necessari per opporsi a progetti e programmi imposti da altri, come nel caso della transizione energetica a tutti i costi diventata innegabilmente speculazione, e quando non si coglie da parte della classe politica sarda l’opportunità ed il sostegno che gli sarebbe stato fornito dal grande movimento popolare formatosi sul tema nell’apertura di un conflitto con lo stato.

Liberu