LIBE.R.U. intende proporsi come lo strumento politico che possa difendere, nel suo agire, gli interessi del Popolo Lavoratore Sardo, intendendo con questa accezione la componente politica, economica e sociale composta da tutti quei soggetti che, a prescindere dalla loro origine, si riconoscono come appartenenti alla nazione sarda e abitano in Sardigna vivendo del proprio lavoro (o che sono in attesa di occupazione, o che, per impedimenti soggettivi o oggettivi, sono temporaneamente o perennemente impossibilitati a svolgerne uno).

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LIBE.R.U. si propone di agire nella duplice veste di partito di lotta e di governo, contrastando le misure coloniali nei diversi settori socio-economici e allo stesso tempo cercando di proporre le soluzioni più adatte per accelerare la decolonizzazione di tutti i settori produttivi e socio-culturali. Il programma di lavoro del partito deve essere un programma di transizione che sia capace di guardare alla Sardegna di oggi e di domani in maniera realistica e che dunque sappia tenere nel giusto conto quella che è la reale forza delle varie componenti sociali e politiche della Nazione Sarda, che prenda nella giusta considerazione quella che è e che potrebbe essere (in prospettiva) la propensione di queste componenti ad abbracciare un progetto anticoloniale e a farsene carico un domani. È necessario tenere conto di questi fattori fondamentali senza dimenticare di metterli in rapporto col peso concreto delle forze politiche unioniste che attualmente detengono il potere e che sono, chiaramente, tutt’altro che disposte a cederlo.

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Partito di lotta e di governo

Il nostro è un programma di transizione, che si propone di portare la nostra isola dall’attuale condizione, a seconda dei campi coloniale o semi-coloniale, alla sua completa decolonizzazione. Per questo consideriamo che l’applicazione delle sue misure avverrà in maniera progressiva nel tempo e nei luoghi, mano a mano che il Partito andrà sostituendosi alle forze unioniste nell’amministrazione dei territori, puntando a costituire un’egemonia politica e culturale che lo ponga come guida della liberazione nazionale fino a diventare un giorno capace di governare tutta la Nazione e condurla alla conquista della sua indipendenza.

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In un’ottica di transizione verso l’indipendenza spetta alla RAS acquisire progressivamente nuove competenze da orientare ad una graduale conquista dell’autodeterminazione in ogni campo.
La Nazione Sarda potrà iniziare a risollevarsi nel momento in cui verranno applicate delle riforme strutturali ai settori produttivi principali, cioè pastorizia, agricoltura e artigianato, pesca e turismo, che sono i suoi punti di eccellenza e il cui sviluppo può garantire immediatamente anche la fine dello spopolamento e il rilancio economico di tutta la zona interna.

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Lo sviluppo economico può partire da interventi che mirino a valorizzare il prodotto di qualità, anche considerando che la Sardegna vanta centinaia di prodotti tipici e numerosi prodotti con attestati di qualità unica, a fronte di un mercato agroalimentare interno invaso da prodotti stranieri di bassissimo costo e spesso di scarsa qualità. Perciò è necessario rendere competitive le realtà agro-pastorali e ittiche con un riassetto tecnologico, con un adeguato progetto di sviluppo energetico finalizzato ad ottenere l’abbattimento dei costi di produzione, un miglioramento reale delle infrastrutture (specialmente quelle legate ai trasporti), misure che puntano ad ottenere un miglioramento della produzione in termini qualitativi, quantitativi e anche in termini di occupazione di forza lavoro, tramite un aumento degli occupati nell’attività primaria e nell’indotto legato all’industria conserviera e della trasformazione dei prodotti.

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Non esistono altre strade per sviluppare in breve tempo la nostra economia in senso produttivo e questo orientamento deve essere posto alla base dello sviluppo degli altri settori. In questo frangente, come detto, è vitale giungere alla risoluzione del problema del costo dell’energia, promuovendo l’utilizzo di tecnologie non invasive ed eco-compatibili che permettano alle aziende di diventare loro stesse produttrici di energia e rispettare l’ambiente da cui deve nascere il prodotto di qualità garantita e incentivando un processo di riutilizzo del territorio che contempli un progressivo distacco dalla dipendenza dal mercato dei mangimi.

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E’ necessario, altresì, che la RAS incentivi – parallelamente allo sviluppo del prodotto di qualità – una politica di sviluppo del prodotto agroalimentare e ittico anche in senso quantitativo, creando i rami inesistenti e potenziando quelli esistenti, al fine di colmare il fabbisogno interno nel tentativo di scalzare l’approvvigionamento di provenienza estera e abbattere la dipendenza alimentare, in linea con una concezione generale progressiva della nostra indipendenza che passa anche attraverso la conquista dell’autodeterminazione economica e, quindi, anche alimentare.

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La Regione Sardegna ha il dovere di sviluppare ma anche di tutelare le produzioni, anche quelle artigianali, promuovendo una politica di valorizzazione e difesa del prodotto sardo che sappia contrastare l’invasione di prodotti tarocco spacciati per sardi, proteggendo un settore economico che ha il suo punto di forza nelle qualità. È fondamentale che allo sviluppo del settore si affianchi lo sviluppo di un apparato industriale orientato sulla trasformazione, valorizzazione, esportazione del prodotto di qualità. Esso dovrà nascere e svilupparsi su una nuova concezione di sviluppo industriale, che ha le sue fondamenta nella produzione orizzontale, diffusa nel territorio, fatta di centinaia di piccole e medie aziende che danno lavoro a migliaia di persone, innescando finalmente un processo di rinascita di tutti i territori e una loro interazione virtuale. 

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Non bisogna escludere, in questo processo, la partecipazione pubblica da parte della Regione e degli enti locali, da intendersi però in una veste nuova: abbiamo una concezione di partecipazione pubblica non più come elargitrice inesauribile di finanziamenti che creano carrozzoni clientelari ma come partnership di sviluppo che reinveste la sua parte di utili nello sviluppo economico e sociale della nazione.

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Intendiamo rielaborare una nuova concezione di produzione industriale anche sotto altri aspetti, ad esempio puntando anche alla riconversione in veste produttiva e compatibile delle fabbriche chiuse e procedendo ad una grande opera di bonifica dei siti inquinati mediante una ricontrattazione serrata con le aziende responsabili. La bonifica delle aree inquinate, come fase transitoria precedente ad un nuovo sviluppo industriale, è un processo che necessita l’occupazione di migliaia di lavoratori. Nelle aree dove una bonifica si riveli impossibile, crediamo che si possa puntare sull’utilizzo dell’area per la produzione di energia con l’utilizzo delle tecnologie più moderne. Andranno quindi scartati a priori l’utilizzo di tecnologie invasive, impattanti ed inquinanti.

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Lo Stato italiano da tempo utilizza lo stratagemma di approfittare degli alti livelli di disoccupazione per risolvere tre grandi problemi: la bonifica dei territori che le aziende private non fanno, lo smaltimento di rifiuti e la produzione di energia a basso costo.

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I progetti di costruzione di nuovi inceneritori, o i progetti presentati come innovativi ma che in realtà si basano sempre su impianti di inceneritori, come chimica verde, biomasse e termodinamico, ottengono di risolvere tutti e tre i problemi dello Stato italiano ma non quello della disoccupazione, ingannando il popolo sardo e facendogli credere che in cambio dell’avvelenamento della nostra terra otterrà benessere e sviluppo. Il partito dovrà essere in grado di combattere questi progetti di inganno e distruzione e di promuovere alternative calibrate a misura dello sviluppo economico della Sardegna, dei bisogni dei cittadini sardi, del rispetto della salute e dell’ambiente.

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La questione bonifiche dovrà essere un nodo fondamentale anche per la risoluzione del problema dell’occupazione militare, ambito che dovrà impegnare appieno il partito per far crescere la mobilitazione del Popolo Sardo, mantenendo saldi i principi che finora hanno caratterizzato la rinascita del movimento contro l’occupazione militare: immediata cessazione delle esercitazioni, chiusura delle basi e, appunto, bonifica e riconversione dei siti inquinati. Dovranno essere incentivati i momenti di dibattito ed informativi in maniera capillare in tutte le comunità della Sardegna per riuscire a coinvolgere tutto il popolo sardo anche nella riscrittura delle modalità di lotta e delle possibili alternative.

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La scrittura di un piano della gestione dei rifiuti dovrà puntare all’impatto zero, promuovendo l’utilizzo delle migliori tecnologie del settore che hanno già dimostrato la possibilità di un riciclo pressoché totale con livelli di occupazione nettamente superiori all’incenerimento. Il Partito si propone di contrastare in ogni sede i progetti di smaltimento impattanti proponendo alternative decisamente meno inquinanti e la costruzione di impianti pubblici per il riutilizzo di tutti i materiali che continuano ad essere inceneriti o che vengono utilizzati da aziende non sarde. All’interno di un piano di riciclo pressoché totale dei rifiuti, Libe.r.u. si impegna a elaborare un piano che punti a rendere i cittadini sardi proprietari a tutti gli effetti delle materie prime che quotidianamente smaltiscono, costituendo forme consociative tra tutti i cittadini che mirino ad ottenere il beneficio dell’abbattimento del costo dei servizi di smaltimento in cambio delle materie prime ritirate.

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Tutti i settori economici e tutti i cittadini sardi pagano pegno ad un sistema stradale e ferroviario arretrato che va potenziato e modernizzato sopratutto nella parte interna dell’isola, superando finalmente l’enorme divario tra le coste e l’interno, sistema costruito a beneficio degli interessi del colonialismo a discapito del tenore di vita dei Sardi. È necessario che la RAS si accolli l’onere di fornire finalmente un servizio di continuità territoriale ai propri cittadini, rompendo l’embargo delle compagnie monopolistiche marittime e slegandosi dai capricci delle logiche del profitto delle compagnie aeree. La RAS deve garantire come servizio imprescindibile la mobilità dei propri cittadini.

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Il profitto di tale servizio non deve essere necessariamente valutabile dal punto di vista finanziario, bensì primariamente dal punto di vista del pieno soddisfacimento dei diritti del cittadino, e deve garantirlo acquistando e gestendo una compagnia di navigazione e una flotta aerea costituiti come aziende regionali, al cui interno possano lavorare esclusivamente cittadini residenti in Sardegna. Il diritto alla mobilità deve essere garantito a raggiera, anche verso destinazioni extra italiane, facendo sì che anche i cittadini sardi abbiano lo stesso diritto alla mobilità di qualunque cittadino europeo. La costituzione di una flotta sarda aerea e una marittima non entra in conflitto con le regole della concorrenza ma supplisce ad un servizio che non viene dato al cittadino. Come servizio al cittadino non si deve intendere solo la sua mobilità individuale ma anche tutta la problematica legata allo sviluppo delle imprese sarde e del commercio da e per la Sardegna, ivi compresa la mobilità anche degli altri individui verso la Sardegna per destinazioni economiche legate al turismo.

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Libe.r.u. intende attuare un potenziamento dell’utilizzo del sardo scuole e nelle istituzioni. Una minima conoscenza della lingua sarda deve essere posta come presupposto imprescindibile di valutazione nella assunzione di insegnanti e dipendenti pubblici. L’insegnamento della lingua sarda e di uno standard comune deve esser obbligatorio in tutte le scuole di ordine e grado, applicando appieno la legislazione frutto degli accordi Stato-Regione che danno pieno potere alla Ras nella gestione amministrativa delle scuole pubbliche. Ovviamente questo passaggio non potrà che essere attuato anche con il potenziamento della standardizzazione, quindi con l’utilizzo della LSC (Limba Sarda Comuna), cercando di popolarizzare il più possibile il suo utilizzo in tutti i mezzi di comunicazione e di informazione, nella letteratura e nel mondo della cultura, nel rapporto con le istituzioni, nei più diversi ambiti della vita quotidiana.

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Per quanto riguarda il sistema sanitario bisognerà contrastare il Piano approvato dalla Ras che di fatto aumenta i costi delle prestazioni, sottrae alle zone interne e ai piccoli comuni di ospedali e presidi minimi, costringendo i cittadini a dover subire faticosi spostamenti per veder garantito il diritto alla salute, cosa che alla lunga porterà all’aumento dei livelli di spopolamento dei piccoli paesi. È necessario che un piano sanitario sia frutto di grandi confronti con le comunità e prestando grande attenzione ai loro bisogni e non concepito come sistema costruito nei palazzi, a stretto contatto con l’influenza e le necessità dei poteri forti. Le comunità sarde hanno bisogno di un nuovo tipo di sistema sanitario che veda la salute del cittadino come un diritto e non come un bene da vendere, che consideri la salute come un diritto di tutti e non come appannaggio di quelli benestanti o limitato a quelli che abitano nelle zone a maggiore densità demografica. 

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Una delle scelte che bisognerà contrastare maggiormente, e che sta accomunando tutte le giunte regionali che fin qui hanno governato, è l’esternalizzazione dei servizi attraverso il sistema del cosiddetto project financing che di fatto costituisce una gestione apertamente privata di tutti i beni e servizi della sanità, spalancando le porte a oscuri interessi, clientelismo politici e speculazioni di ogni sorta a discapito del bene pubblico e del servizio al cittadino. La lotta per una sanità pubblica e diffusa dovrà, in questa fase storica, essere fatta attraverso una diffusa e capillare opera di informazione e attraverso la mobilitazione generale di tutto il Popolo Sardo, per la difesa dei diritti alla salute di tutti e in tutti i territori.

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