Il nuovo governo appena insediato ha cambiato i nomi di alcuni ministeri, come quello dell’“Agricoltura e sovranità alimentare”. Nome che ha suscitato ironia e preoccupazione ma, a meno che il governo non stia già barando e buttando fumo negli occhi, a noi invece non spaventa. Sia ben chiaro, per noi non corrisponde certo a quello storicamente interpretato dalla destra.Lo riteniamo positivo nella misura in cui si faccia riferimento al vero concetto di sovranità alimentare, che non è una invenzione di questo governo ma un principio elaborato, già negli anni novanta, in occasione del forum internazionale di Via Campesina, dove si riunirono le organizzazioni contadine di più di ottanta paesi nel mondo e che da allora ha dato inizio ad un dibattito diffuso sul tema.Secondo una definizione elaborata da molte organizzazioni internazionali ed accettata anche dalla Fao (Agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura): “la sovranità alimentare è un modello di gestione delle risorse alimentari che ha come priorità e motore delle proprie politiche non la massimizzazione del profitto economico ma la soddisfazione delle esigenze alimentari delle persone; che promuove un tipo di produzione alimentare sostenibile e rispettosa del lavoro di chi produce il cibo; che punta a incoraggiare le economie alimentari locali, riducendo la distanza tra fornitori e consumatori, lo spreco e la dipendenza da società distanti dai luoghi in cui il cibo viene prodotto. In altre parole, la sovranità alimentare si propone di dare il controllo delle risorse alimentari soprattutto a chi le produce, le distribuisce e le consuma anziché a grandi aziende che le utilizzano come mezzo per arricchirsi”. In Sardegna si importa l’80% dei prodotti alimentari con tutte le conseguenze che ciò comporta in termini di terre abbandonate, di piccole aziende che hanno dovuto chiudere la propria attività perché non in grado di competere con le grandi produzioni industriali, di incidenza ambientale sui trasporti, sui costi e sulla qualità dei prodotti stessi?Nell’anno 2017, Liberu lanciò la campagna “Sardu còmpora Sardu” con lo scopo di rilanciare il consumo dell’agroalimentare sardo e innescare un circolo virtuoso a beneficio dell’economia sarda. Campagna che fu accolta con favore da tantissimi produttori ed attività commerciali che ancora oggi espongono il simbolo della campagna nelle loro vetrine.Un’azione di rilancio della sovranità alimentare in Sardegna finalizzata, non ad una misura protezionistica verso i prodotti sardi che comporti l’esclusione di quelli importazione ma ad un incentivo alla produzione e consumo di quelli locali fino a farli diventare una parte importante, positiva e sostenibile della nostra economia, è assolutamente auspicabile.