Nella Sardegna funestata da incidenti sul lavoro, ai vertici della classifica statale per incremento di morti e infortuni, dobbiamo annoverare anche gli strascichi devastanti causati da concezioni di sviluppo aliene e calate dall’alto. E’ il caso dei fantomatici piani di Rinascita che più che innescare una rinascita e ammodernamento dell’economia agropastorale – quello doveva essere in teoria l’obiettivo – hanno invece causato un disastro sociale, con l’installazione artificiale di uno pseudosviluppo petrolchimico che ha lasciato dietro di sé non solo migliaia di nuovi disoccupati e emigrati, ma anche inquinamento, malattie professionali e morti.Una di queste realtà, quella dell’Enichem di Ottana, è tristemente nota non solo per lo sconquasso antropologico e occupazionale arrecato ad una zona a vocazione agropastorale, ma anche per la lunghissima lista di croci disseminate nel territorio. Sono numerosi infatti, nel territorio circostante, i casi di malattia riconducibili all’attività della fabbrica. E non ci sono solo i veleni che per anni si sono depositati sui campi erbosi, sul bestiame e sulle persone, ma anche le sostanze con cui gli operai ogni giorno entravano in contatto nel luogo di lavoro.E’ di questi giorni la notizia clamorosa del deposito in Procura di una denuncia, ad opera delle figlie, per la morte di un operaio che aveva lavorato alla Anic Fibre spa e poi alla Minitow, società di proprietà per metà delle quote del colosso Enichem. L’operaio Carlo Biagio Chironi, morto nel gennaio dell’anno scorso a 73 anni, era in pensione dal 2002. Nella sua attività lavorativa, per 30 anni, si occupava della produzione di filtri di poliestere con dei macchinari che avrebbero avuto dei cuscini in amianto. La sua morte per mesotelioma pleurico ha subito fatto sospettare che fosse da mettere in relazione alla sua attività professionale.Negli anni scorsi infatti anche altri operai erano morti di asbestosi per l’amianto e perciò otto dirigenti della fabbrica erano stati indagati per omicidio colposo. La vicenda si era chiusa, come purtroppo spesso accade, con una vergognosa richiesta di archiviazione in quanto la loro morte era avvenuta nel 2006 e quindi l’evento era “troppo datato”. La morte di Carlo Chironi però, avvenuta nel 2022, riapre dolorosamente la questione, riportando sul tavolo l’accusa di omicidio colposo a danno di operai costretti a lavorare a contatto con l’amianto.Liberu sostiene convintamente la battaglia delle sorelle Chironi per avere giustizia contro l’ennesimo caso di omicidio sul lavoro, e prende spunto da questa drammatica vicenda per denunciare, ancora una volta, lo stato di estrema precarietà e di palese violazione delle condizioni di sicurezza in cui versa il mondo del lavoro in Sardegna.Basta morti sul lavoro!Verità e giustizia per tutti i lavoratori uccisi dalla legge del profitto!