Questa domanda potrebbe essere definita strumentale in uno stato di diritto, ma è lecito porsela quando, l’applicazione di un istituito emanato con la scusa di sconfiggere le organizzazioni mafiose (risultato peraltro mai conseguito), viene estesa anche a chi non appartiene a nessuna di queste organizzazioni. Anzi, anche a chi non appartiene a nessuna organizzazione, come è il caso dell’anarchico Alfredo Cospito, che per protesta contro l’ingiusta applicazione di questo regime carcerario porta avanti uno sciopero della fame da oltre 80 giorni, ponendo in serio pericolo la propria vita.Altresì è lecito chiedersi come possa essere definito stato di diritto quello che applica pene che non hanno alcuna finalità rieducativa del condannato ma sono solo una celata “pena di morte” perché non danno nessuna speranza e nessuna possibilità al detenuto di rieducarsi ed essere reinserito nella società, avere un’altra vita.Difatti, sia l’ergastolo ostativo che il 41 bis sono sentenze di morte ed equivalgono a quella che può essere definita tortura, perché questo significano dal punto di vista psicologico, fisico ed intellettuale.Ma l’applicazione sempre più ampia di questo articolo non è l’unico caso di estensione forzosa di misure repressive. In Italia infatti sta succedendo sempre più spesso che si stabiliscano pene per reati specifici e che poi invece vengano, per estensione, utilizzate ed applicate ad altri fatti: vale per gli ultras degli stadi, per i “rave” o per l’imbrattamento di edifici, tutto questo senza tenere conto della proporzione fra reato commesso e pena applicata. Uccidere non equivale ad avere idee politiche condivisibili o meno; riunirsi e protestare anche senza autorizzazioni non equivale ad attentare all’ordine costituito, così come imbrattare muri e portoni, anche di luoghi istituzionali, non significa mettere in pericolo la sicurezza dello Stato.Questo tipo di impostazione va avanti da anni, indifferentemente dal colore politico del governo in carica, e appartiene a un processo complessivo di involuzione e deriva antidemocratica.Intendiamo unirci alla protesta che si leva a livello internazionale per l’ingiusto trattamento carcerario applicato ad Alfredo Cospito, sottoposto a misure repressive sproporzionate, evidentemente mosse da un particolare accanimento politico e ne chiediamo l’immediata cessazione.Chiediamo contestualmente l’abolizione del regime detentivo del 41 bis poiché è una forma di tortura disumana, contraria a qualsiasi principio di rieducazione e di rispetto per i diritti del detenuto, e che rappresenta solo una vendetta dello Stato, contro chiunque venga applicata e a maggior ragione nel caso dei detenuti politici.