Le elezioni amministrative cadono in un momento di enorme difficoltà per la Sardegna.

L’economia prosegue il suo andamento negativo, con uno scenario composto da un mercato alimentare invaso da prodotti stranieri e il comparto agroalimentare ostaggio dei capricci delle economie altrui, un commercio raso al suolo dalle superpotenze della grande distribuzione lasciate proliferare a piacimento. Le fabbriche sono chiuse o avviate alla chiusura, senza nessuna prospettiva reale di bonifica e rilancio di un’industria sostenibile, mentre va avanti il progetto di trasformare la nostra isola in una piattaforma energetica a beneficio esclusivo dei Paesi industrializzati, senza nessun tornaconto per noi. Questi fattori causano un flusso continuo di emigrazione che non ha alcuna prospettiva di arrestarsi.
I servizi sono abbandonati a sé stessi, con un sistema scolastico in ritirata, il ridimensionamento e la progressiva chiusura dei servizi sanitari nei territori. La viabilità interna è carente e inadeguata e quella esterna è gestita da interessi monopolistici delle lobbies d’oltremare. Il turismo vivacchia immeritatamente sulle bellezze paesaggistiche senza dare servizi adeguati, mentre il sistema creditizio isolano è oggi interamente conquistato dalle cordate nord italiane. Il nostro approvvigionamento idrico è degno dei continenti più sottosviluppati e non si arresta il continuo taglio di qualsiasi tipo di servizio possa essere fornito al cittadino, contribuendo in maniera determinante allo spopolamento delle zone interne.

La cultura nazionale è sottoposta a ripetuti attacchi, dovuti a un profondo menefreghismo di una amministrazione politica lontana e ostile a tutto ciò che richiama la cultura sarda. La nostra lingua antichissima è relegata a fastidio burocratico da accontentare con gli ultimi spiccioli della tasca, la nostra cultura sempre più stereotipata e imbalsamata nel passato, la storia millenaria della Sardegna lasciata nell’oblio, con un patrimonio archeologico oggetto di interesse più di tombaroli e case d’asta straniere che di amministratori. E’ in atto uno snaturamento generale di tutto ciò che può rappresentare l’identità nazionale dei Sardi, a partire dai clamorosi tentativi di stravolgere in ogni modo il significato del 28 aprile fino alle dichiarazioni delle massime autorità culturali che credono che “L’ideale sarebbe trattare il sardo allo stesso livello delle lingue cosiddette straniere” (C. Firino, assessore regionale alla Cultura)
La nostra società è attraversata da fenomeni sempre più antisociali, con la ricomparsa massiccia del traffico di droghe pesanti, il consumo record di psicofarmaci e la diffusione massiccia dell’alcolismo. Non si contano più gli episodi di violenza e sopraffazione nei confronti dei più deboli, dai disabili agli anziani, con una persistenza di maltrattamenti e violenze di genere nei confronti delle donne, con un dilagare tra i più giovani di pratiche di microcriminalità e teppismo. Aumenta costantemente il gioco d’azzardo, mentre prosegue incessantemente la silenziosa infiltrazione della criminalità organizzata italiana negli appalti, nella sanità e nella politica.

Questa descrizione basta per capire che la nostra è una situazione di emergenza massima. La politica, settore chiave per la risoluzione di questa situazione, non solo dimostra di non essere in grado di porre un freno ma ne è essa stessa la responsabile diretta o indiretta.
Il compito degli indipendentisti è quello di contrastare con determinazione questi fenomeni e ciò può essere fatto nella maniera più efficace solo divenendo essi stessi classe politica di governo, amministrando in maniera innovativa i territori e cambiando il corso delle cose.
In questa fase storica, è evidente, ciò non è possibile. E’ possibile però che gli indipendentisti inizino a sostenere tutti gli elementi di rottura con quel settore politico che ha determinato questo stato di cose.

Le elezioni amministrative rappresentano certamente un’occasione importante, e gli amministratori dei territori possono giocare un ruolo fondamentale dal momento che spesso è proprio nei comuni che si verificano quelle situazioni di accondiscendenza verso diktat coloniali che poi determinano questo disastro. D’altra parte sono tanti i casi di amministrazioni che nel passato, recente e meno recente, hanno condotto assieme alla cittadinanza lotte vittoriose contro le mire prepotenti di colonialisti e militari. Ma in nessun caso è stata vinta, o anche solo proposta, una lotta contro le prepotenze coloniali da parte di amministrazioni contigue e compiacenti col potere coloniale. Nessuna difesa del popolo e del territorio sardo è possibile laddove esso è controllato e amministrato da emanazioni del potere italiano.
Per questo motivo invitiamo tutti i cittadini sardi, tutti i nostri militanti, sostenitori, iscritti e simpatizzanti interessati dal voto per le amministrative del 5 giugno 2016, a votare per le liste civiche che rappresentano reali espressioni di rottura con il colonialismo, con le mire dei potentati economici, con la speculazione e gli interessi privati, salvaguardando il bene collettivo e la rinascita del nostro Paese.
Tali condizioni non possono riconoscersi in qualunque coalizione ospiti al proprio interno partiti italiani. Non esistono partiti italiani buoni e partiti italiani cattivi: esistono partiti sardi e partiti stranieri. E’ tra partiti sardi che dobbiamo imparare a discutere, da prospettive diverse, quali sono le scelte per il nostro destino.

I partiti stranieri – tutti – sono generati da dinamiche e interessi estranei alla nostra nazione e quindi sono per loro intrinseca natura incompatibili col nostro obiettivo di liberazione dalla dominazione straniera, di cui essi sono perfetta espressione. Ciò al di là delle dichiarazioni preelettorali, sempre accondiscendenti e aperte verso le istanze delle aree a cui intendono chiedere il voto, arrivando addirittura – in questa gara di amicizia generale – a riconoscere anche il nostro diritto all’autodeterminazione. Nonostante essi facciano parte dell’apparato dominatore.
Non possiamo accettare nessun compromesso con i partiti italiani, deboli o forti che siano, animati o meno da buoni principi, sia che si presentino di volta in volta come difensori dei lavoratori o della libertà o dell’onestà o dell’ambiente.

I partiti italiani hanno una sola cosa da fare per dimostrare il loro rispetto per il nostro popolo: ritirarsi completamente dalla nostra terra senza condizioni.
Questa è la posizione di Lìberos Rispetados Uguales – LIBE.R.U., che non si permette di dire agli altri partiti sardi come gestire la loro tattica, che non compila la lista dei buoni e dei cattivi, che pensa a lottare anziché a fare il cacciatore di collaborazionisti, ma che pensa che qualsiasi livello di collaborazione con i partiti italiani sia estremamente negativo per la tutela degli interessi della nazione sarda. Per questo LIBE.R.U. crede fermamente nella totale non collaborazione elettorale con le forze italiane, convinto che questa debba essere una condotta e non una enunciazione, una posizione a cui corrispondono i fatti. Perché la coerenza si verifica nella pratica non negli slogans.

Non intendiamo dare una indicazione particolareggiata del voto, ma lasciamo a tutti quelli che recepiscono il nostro progetto politico la libertà di riconoscere e premiare, caso per caso, chi rappresenta veramente un’istanza di rottura nei confronti dello stato di cose presente e di opposizione alla dominazione italiana.
Nei casi in cui a contendersi la sfida, sia al primo che al secondo turno, siano partiti o coalizioni entro cui si celano ugualmente interessi legati ai partiti italiani diamo indicazione di astensione, non riscontrando alcuna valida alternativa possibile in uno scontro tra orientamenti legati agli stessi interessi.