Apprendiamo con preoccupazione la decisione del presidente Solinas di invocare la dislocazione della Brigata Sassari nella strade della Sardegna con compiti di polizia.
Una decisione arrivata a poche ore dalla nostra proposta, ignorata, di richiedere alle autorità cubane una cooperazione medica, avvalendosi della grande professionalità del personale caraibico anche in tema di epidemie.
La risposta militare a una emergenza sanitaria conferma che le autorità regionali continuano a non avere un’adeguata percezione del problema e, dunque, continueranno a non avere neanche un’adeguata capacità di risolverlo.
Molti mezzi di informazione e opinionisti social stanno dando una percezione sproporzionata della reale consistenza dei cittadini che escono senza un buon motivo. La verità è che la quasi totalità del popolo sardo sta reagendo in maniera equilibrata alla situazione, sopportando la difficoltà con disciplina e rispettando in larghissima parte le prescrizioni sanitarie di sicurezza. I pochi irresponsabili che si avventurano a passeggio con scuse banali o che ricorrono a stupide furbizie vengono sistematicamente individuati e denunciati, tramite l’utilizzo delle forze di sicurezza già messe in campo.
Un’azione di controllo veramente efficace dovrebbe piuttosto agire sulle situazioni di reale rischio, tuttora attive e non adeguatamente contrastate.
In questo momento i dati – non le opinioni – ci dicono che le principali fonti di contagio in Sardegna sono proprio le strutture ospedaliere, dove sono stati registrati oltre il 50% dei contagi, colpevolmente lasciate senza adeguati mezzi di sicurezza e affidate al sacrificio del personale sanitario. La situazione è tale che a Sassari non hanno più a disposizione neanche il reagente per avere l’esito dei tamponi effettuati a Olbia.
Sarebbe opportuno concentrare il massimo delle misure di sicurezza nelle strutture sanitarie: a cosa serve l’esercito nelle strade se medici, infermieri e pazienti si contagiano reciprocamente all’interno degli ospedali per mancanza di dispositivi di protezione individuale?
Sappiamo tutti che le persone che possono esporsi ed esporre involontariamente al contagio sono quelle che frequentano luoghi a contatto con altre persone: a cosa serve insistere a colpevolizzare, come fatto da più parti, i singoli agricoltori che vanno a curare l’orto, peraltro fonte di sostentamento per tante famiglie, se non entrano in contatto con nessuno?
D’altra parte l’azione di alcuni egoisti e irresponsabili non si può nemmeno prendere a pretesto per militarizzare intere città, né si può pensare di agitare le mimetiche per nascondere le gravi carenze in tema di sicurezza nei posti che sono veramente focolai di contagio: viene creata inutile tensione senza risolvere nessun problema.
La proposta di dislocare i militari appare dunque come un espediente per dare una sensazione psicologica di sicurezza ai cittadini. Ma i cittadini hanno bisogno di sicurezza vera, non di impressioni. E la sicurezza vera si ottiene intervenendo sui maggiori focolai di contagio: le strutture sanitarie, ma anche i luoghi di lavoro ancora attivi sebbene non strategici, per giunta spesso non conformi alle prescrizioni, con gravissima esposizione al pericolo per i lavoratori. Particolare attenzione dovrebbe essere data anche ai permessi ancora concessi dalla Regione a diversi Sardi che tornano nell’Isola da zone ad alta diffusione del contagio pur senza avere affrontato preventivamente una quarantena alla partenza, cosa che espone al rischio anche i familiari con cui condividono gli stessi spazi. Bisogna accogliere i nostri connazionali, ma questo non deve mettere a rischio la sicurezza di tutti.
Non serve l’esercito: serve capacità organizzativa e tanto buon senso, da parte di tutti, specialmente da parte di chi deve prendere decisioni importanti.

Liberu – Lìberos Rispetados Uguales