Quando arrivi a Bruxelles e parli in sardo nessuno storce il naso perché ognuno parla la propria lingua.
Invece nella nostra terra succede spesso che siamo indotti ad una forma di vergogna nel parlare la lingua imparata in famiglia.

Per me il sardo è la lingua con cui esprimo i sentimenti, con cui esprimo le emozioni, con cui esprimo il mio essere.

Se è vero che le parole sono perimetri di concetti vale ancora di più per una lingua.
Sappiamo che ad essa corrisponde una ricchezza di conoscenze specifiche stratificata nel tempo e un modo particolare di vedere il mondo.

Il nostro è un mondo costruito in sardo e riusciamo a capirlo veramente solo attraverso la nostra lingua. Non possiamo permetterci di negarlo ai nostri figli.

Il suo recupero e il suo uso normale rappresentano un passaggio essenziale nel processo di emancipazione in cui siamo coinvolti.

Non è più sufficiente usare il sardo per cantare, scrivere poesie, introdurre o intercalare discorsi in italiano. Bisogna creare le condizioni che permettano alla lingua sarda di entrare al pari della lingua italiana in tutti i momenti della nostra vita.

Gli studi sul bilinguismo infantile affermano che un bambino che impara in contemporanea due lingue è avvantaggiato ad apprenderne altre. Ma non solo: un bambino che si districa con due idiomi, sin dai primi anni di vita, è molto più propenso ad abbracciare culture differenti, visioni del mondo differenti.
Un qualcosa di cui sento un incredibile bisogno.

Credo che la lingua sarda sia l’infrastruttura immateriale più importante di cui dispone la nostra Isola.

La lingua prima di tutto è cultura, è l’identità di un Popolo. La lingua sarda è l’identità del Popolo sardo

Voglio e vogliamo tramandare questa ricchezza ai nostri figli per dare loro un futuro più ricco